Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto per la prima volta dall'allora primo ministro Boris Johnson nell'aprile 2022, avrebbe dovuto essere approvato in via definitiva già la scorsa settimana, ma una serie di emendamenti alla legislazione, proposti dai “pari” alla Camera dei Lord, ne aveva rallentato nuovamente l’iter.

Il primo ministro Rishi Sunak ha dichiarato che, se necessario, deputati e “pari” avrebbero dovuto rimanere svegli tutta la notte per far passare la legge. L’ultimo emendamento dei Lord, che chiedeva la creazione di un meccanismo per verificare se il Ruanda sia effettivamente da considerare un paese sicuro, come sostiene il governo, è stato bocciato con una maggioranza di 75 voti (312 contro 237).

Una delle principali obiezioni sollevate dalla Camera dei Lord era l'assenza di un'esenzione specifica dalla deportazione per afghani e immigrati di altra nazionalità che hanno servito con le forze armate britanniche. Un emendamento proposto a questo scopo dall'ex ministro della Difesa laburista Des Browne è stato respinto con 305 voti contrari e 234 a favore. Browne ha accettato un impegno verbale che gli immigrati che rientrano in questa categoria "non saranno inviati in Ruanda”. Inoltre, verranno riconsiderate le pratiche degli afgani che si sono visti respingere i ricorsi contro la deportazione nell'ambito del programma di ricollocazione e assistenza nel loro paese di origine.

Dopo il voto in aula, Sunak ha affermato che l'approvazione di questa legge storica non è solo un passo avanti ma un cambiamento fondamentale nell'equazione globale sul fenomeno migrazione. È ora molto chiaro, ha avvertito il premier, “che se arrivate da noi illegalmente, non potrete restare. Il nostro obiettivo è far decollare i voli e siamo determinati a garantire che nulla ostacolerà il nostro obiettivo”, a suo dire in grado di “salvare vite".

Intanto, solo alcune ore dopo l'approvazione della legge, altre cinque persone – una bambina di sette anni, una donna e tre uomini – hanno perso la vita cercando di raggiungere la Gran Bretagna. Il gruppo di migranti stava cercando di attraversare la Manica su una piccola imbarcazione e i loro corpi sono stati ritrovati vicino alla città francese di Wimereux, a sud di Calais.

Il governo potrà ora teoricamente deportare circa 52.000 migranti in Ruanda, in cambio del versamento di una cifra tra 370 e 500 milioni di sterline al governo di Kigali. In violazione del diritto internazionale, la legge attribuisce a Londra il potere inedito di ignorare eventuali "misure provvisorie" (ingiunzioni) che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo potrebbe prendere, ordinando ad esempio di fermare un volo diretto in Ruanda dalla Gran Bretagna, come accadde nel giugno del 2022.

Sunak ha promesso che i primi voli per il Ruanda partiranno "tra 10 o 12 settimane", con alcuni dei deportati già selezionati e altri ancora da individuare. In una conferenza stampa a Downing Street poche ore prima che le misure fossero approvate, Sunak sembrava non riuscire a contenere l’entusiasmo. "Dal momento in cui la legge verrà approvata”, spiegava il primo ministro, “inizieremo il processo di rimozione di coloro che sono stati selezionati per il primo volo”. Le preparazioni, ha poi aggiunto, sono in corso da tempo e per “ospitare” i migranti in attesa di essere deportati “abbiamo aumentato a 2.200 la nostra capacità detentiva”.

Tra le altre misure previste per attuare questa politica brutale ci sono: l'assunzione di 200 assistenti sociali; l’allestimento di 25 aule e il reclutamento di 150 giudici per presiedere ai casi di asilo, con una disponibilità pari a 5.000 giorni di udienza; un aeroporto prenotato con “slot” per voli charter commerciali verso il Ruanda; 500 accompagnatori per i voli e altri 300 in formazione.

Il ministro per la Migrazione Illegale, Michael Tomlinson, ha dichiarato che dopo la promulgazione della legge con la firma, che arriverà a breve, del sovrano britannico e la stipula di un trattato definitivo con il Ruanda, "dovremo far decollare i voli, ed è in quel momento che vedremo entrare in gioco l'effetto deterrente".

La legislazione è stata denunciata dalle principali organizzazioni a difesa dei diritti umani, come Freedom from Torture, Amnesty International UK e Liberty che hanno definito il Parlamento come "una scena del crimine". Un portavoce di queste ONG ha affermato: "Tutti meritiamo la possibilità di vivere una vita sicura e di cercare protezione quando ne abbiamo più bisogno. Questa vergognosa legge distrugge la Costituzione e il diritto internazionale mentre mette i sopravvissuti [alle rotte migratorie] a rischio tortura e altri rifugiati a rischio di un futuro insicuro in Ruanda".

Filippo Grandi, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha detto che la legge rappresenta "un ulteriore allontanamento dalla lunga tradizione del Regno Unito di fornire rifugio a coloro che ne hanno bisogno e viola la Convenzione sui Rifugiati… Questo accordo cerca di scaricare la responsabilità della protezione dei rifugiati, minando la cooperazione internazionale e creando un pericoloso precedente internazionale".

In realtà, le politiche apertamente fasciste adottate da Londra sono ormai implementate ovunque dalla classe dirigente occidentale, poiché contribuiscono ad alimentare un clima tossico teso a criminalizzare gli immigrati, fondamentalmente per dividere la società e perseguire più facilmente politiche di guerra e austerità. Basti pensare alla recente adozione da parte del parlamento europeo del cosiddetto Sistema Comune Europeo di Asilo oppure agli accordi per tenere lontano dall’Italia i migranti, sottoscritti dal governo Meloni con Libia e Albania. Alcuni mesi fa, inoltre, il cancelliere tedesco Olaf Scholz si era impegnato a "esaminare" l’ipotesi di processare all’estero le domande d'asilo, eventualità che anche l'Austria potrebbe prendere in considerazione.

Il fatto che il governo conservatore britannico sia pronto a spendere fino a mezzo miliardo di sterline per rimpatriare qualche migliaia di “irregolari” – con il costo previsto per l'invio delle prime centinaia di richiedenti asilo in Ruanda che si aggira intorno a 1,8 milioni di sterline a persona – indica quanto sia importante per la classe dirigente alimentare i sentimenti anti-immigrati tra la popolazione.

Il Partito Laburista, da parte sua, ha promesso di abrogare la legge sul Ruanda una volta al potere, ma l’opposizione non si basa su principi democratici. La tesi del “Labour” è che la legislazione repressiva già esistente in materia di migranti può essere utilizzata, a una frazione del costo previsto dal nuovo provvedimento, per espellere i richiedenti asilo e sigillare le frontiere.

Come è ormai consuetudine nell’era della leadership di Keir Starmer, il Partito Laburista ha esposto la propria alternativa alle politiche migratorie conservatrici sulle pagine di un giornale “filo-tory”, in questo caso il Telegraph. In un articolo dal titolo “Il Labour fermerà i piccoli battelli”, il ministro ombra dell’Interno Yvette Cooper ha scritto che “i pericolosi attraversamenti su piccole imbarcazioni minano la sicurezza dei nostri confini" e "aggiungono caos al nostro sistema di asilo". Quello che serve, prosegue l’editoriale, è “un'azione urgente” per fermare le bande che organizzano le traversate e “il rafforzamento dei [controlli dei] confini britannici”.

Il problema del piano che coinvolge il Ruanda è che esso risulta "estorsivamente costoso" e "copre solo l'1% di coloro che arrivano nel Regno Unito". Yvette Cooper si lamenta quindi che "non ci sia alcun piano per l'altro 99%”, per la gestione del quale saranno necessarie ingenti risorse.

Il Partito Laburista, invece, "investirà i soldi destinati al Ruanda per rafforzare la sicurezza dei nostri confini. Ciò significa nuovi poteri in materia di antiterrorismo, nuovi accordi internazionali per la condivisione delle informazioni e più forze di polizia transfrontaliere che collaborano con i partner europei".

Il possibile prossimo ministro dell’Interno del Regno Unito ha promesso infine l’istituzione di una nuova “unità” governativa per deportare rapidamente coloro che non hanno diritto di rimanere nel Regno Unito. “I rimpatri”, ha ricordato la Cooper, sono infatti “diminuiti di quasi il 50% da quando i Conservatori sono al governo, minando la credibilità di tutto il sistema”.

Esordio alla regia per Micaela Ramazzotti, con il film Felicità, di cui è anche la protagonista, che sarà presentato in concorso nella sezione Orizzonti Extra alla 80ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.

La storia è quella di una famiglia storta, di genitori egoisti e manipolatori, un mostro a due teste che divora ogni speranza di libertà dei propri figli. Desirè è la sola che può salvare suo fratello Claudio e continuerà a lottare contro tutto e tutti in nome dell’unico amore che conosce, per inseguire un po’ di felicità.

Una sorella che tenta in tutti i modi di far uscire dalla depressione il fratello, vittima dei suoi stessi genitori, troppo debole per riuscire a salvarsi da solo. Un film sulla famiglia e sulla costante lotta per riuscire a distruggere legami sbagliati e che fanno stare male.

Con Max Tortora, Anna Galiena, Matteo Olivetti, Micaela Ramazzotti e con la partecipazione di Sergio Rubini, il film  è prodotto da Lotus Production con Rai Cinema e sarà distribuito da 01 Distribution.

"Sono onorata e orgogliosa che proprio la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia sia la prima a voler bene a Felicità - dichiara la regista - . Cosa di cui tutti noi abbiamo bisogno".

Il film arriverà nella sale italiane il 21 settembre.

Felicità (Italia, 2023)

Regia: Micaela Ramazzotti

Attori: Micaela Ramazzotti, Max Tortora, Anna Galiena, Matteo Olivetti, Sergio Rubini

Distribuzione: 01 Distribution

Sceneggiatura: Micaela Ramazzotti, Isabella Cecchi, Alessandra Guidi

Fotografia: Luca Bigazzi

Montaggio: Jacopo Quadri

Produzione: Lotus Production con Rai Cinema

Presentato in anteprima mondiale al Sundance Festival 2023 e vincitore del Gran Premio della Giuria per miglior film drammatico, A Thousand and one, primo film dietro la macchina da presa, della sceneggiatrice A.V. Rockwell,  narra la storia di Inez (Teyana Taylor), una donna determinata e impetuosa, la quale rapisce il figlio Terry, di sei anni, dal sistema di affidamento nazionale. Aggrappandosi uno all’altro, madre e figlio cercano di ritrovare il senso di casa, di identità e di stabilità in una New York in rapido cambiamento.

Siamo di fronte ad un dramma familiare contemporaneo, che racconta le difficoltà di una donna sola e certamente non benestante, in una città difficile come NY. Terry sogna di poter stare con sua madre e lega subito con Lucky (Aaron Kingsley Adetola), il compagno di Inez. Quando diventa adolescente, Terry (Aven Courtney) si rivela essere un ragazzo intelligente e studioso e così sua madre sogna per lui un futuro migliore del suo, lontano dalla strada, ma ciò che ha segnato all’origine la loro difficile storia familiare sta per tornare a galla.

Un film sicuramente interessante sia dal lato della sceneggiatura, che della regia, che ha nel realismo di cui è intriso quella giusta carica che serve a sondare e comprendere la vita dei suoi protagonisti.

A Thousand and one (Usa 2023)

Regia: A.V. Rockwell

Cast: Teyana Taylor, William Catlett, Josiah Cross, Aven Courtney, Aaron Kingsley Adetola, Terri Abney, Delissa Reynolds, Amelia Workman, Adriane Lenox

Sceneggiatura: A.V. Rockwell

Fotografia: Eric Yue

Montaggio: Sabine Hoffman, Kristan Sprague

Distribuzione: Lucky Red e Universal Pictures International Italy

Firmato da Giuseppe Piccioni, L'ombra del giorno racconta una storia d'amore in un periodo storico difficile. Siamo nel 1938. È un giorno qualunque, in una città di provincia come tante altre in Italia (Ascoli Piceno). I tavoli sono apparecchiati e Luciano ha appena aperto il suo ristorante. Dalla vetrina vede un corteo ordinato di bimbi di una scuola elementare, accompagnati da una maestra. Camminano disciplinati sul marciapiede al sole, in fila per due, con i loro grembiuli infiocchettati e i capelli pettinati con cura. Luciano è tentato di credere a quell’immagine di serenità, di fiducia nel futuro. Ha un’andatura claudicante a causa di una ferita della prima guerra mondiale, un ricordo permanente della ferocia di quel conflitto.

Dietro le ampie vetrine che danno sull’antica piazza scorre la vita di quella piccola città in quegli anni. Sono gli anni del consenso, delle operepubbliche, e delle nuove città. Luciano è un fascista, come la maggior parte degli italiani in quel periodo, ma lo è a modo suo; ha preferito rimanere in disparte e si è tenuto lontano dall’idea di trarre vantaggio dalle sue decorazioni di guerra e dalla militanza ottusa e obbediente nelle gerarchie del partito.

Però si sente partecipe di quel generale entusiasmo, nonostante per indole tenda a occuparsi solo dei fatti propri, perché “il lavoro è lavoro”: quello che gli sta a cuore è il suo ristorante e i compiti quotidiani a cui lui si dedica con scrupolo taciturno. Finché fuori dalla vetrina, appare una ragazza. Mi chiamo Anna Costanzi, gli dice, e timidamente chiede se cercano personale. Di lì a poco l’avvento di quella ragazza e le prime evidenti crepe che si evidenziano in quel mondo che guarda dalla vetrina cambieranno la vita di Luciano.

Com’è strana la vita, pensa Luciano. Un tempo, del suo lavoro, gli piaceva proprio essereaffacciato sulla strada, guardare la gente che passeggiava, che correva in fretta al lavoro, gli dava l’illusione di essere insieme a quelle persone, al loro stesso livello. Adesso invece tutto si confonde e ogni giorno si rinnova la sorpresa. E ha il volto di Anna. Ora, in entrambi, si è fatto strada un sentimento, qualcosa a cui Luciano aveva rinunciato da tempo. Ma quella giovane donna ha un segreto. Ad interpretare i protagonisti ci sono due bravi attori come Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli, che vestono alla perfezione i panni di questi due innamorati.

 

L'ombra del giorno (Italia 2022)

Regia: Giuseppe Piccioni

Soggetto e sceneggiatura: Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella, Annick Emdin

Cast: Riccardo Scamarcio, Benedetta Porcaroli, Waël Sersoub

Distributore: 01 Distribution

La riconferma della saldissima alleanza con gli Stati Uniti e i benefici teorici derivanti dall’organizzazione delle prossime Olimpiadi estive a Tokyo non sono bastati al primo ministro giapponese, Yoshihide Suga, a evitare nel fine settimana una vera e propria umiliazione elettorale. Nelle tre elezioni speciali tenute per altrettanti seggi vacanti in parlamento (“Dieta”), il Partito Liberal Democratico (LDP) di governo non ha infatti raccolto nulla, pagando caramente gli scandali giudiziari che hanno coinvolto svariati suoi membri e la gestione insoddisfacente della pandemia in atto. Per il premier conservatore si prospettano ora mesi complicati, con la sua leadership in serio dubbio alla vigilia sia delle elezioni generali sia della scadenza del mandato alla guida del più importante partito nipponico.

Il recente appuntamento con le urne era particolarmente atteso perché era il primo dall’insediamento di Suga, succeduto lo scorso settembre al più longevo primo ministro della storia del Giappone, Shinzo Abe, ufficialmente costretto a lasciare per ragioni di salute. Sull’adeguatezza di Suga a ricoprire l’incarico di capo del governo c’erano state subito accese discussioni. L’ex consigliere di Abe è la quintessenza dell’insider, privo di talento per la comunicazione e per la gestione della propria immagine. Le sue origini relativamente umili, in un paese dove i membri che contano della classe politica appartengono a dinastie politiche illustri, non hanno inoltre aiutato il consolidamento della sua posizione. La competizione interna al LDP per rimpiazzare Suga, già esplosa mesi fa all’indomani della notizia del ritiro di Abe, tornerà così a infuriare dopo la pessima prestazione elettorale del partito al potere.

La sconfitta più pesante è stata senza dubbio quella per un seggio della camera alta del parlamento in rappresentanza della città di Hiroshima. Quest’ultima è considerata una roccaforte dei conservatori e nelle elezioni del 2017 il LDP si era aggiudicato sei seggi su sette. Qui, il voto si era reso necessario in seguito alla condanna per compravendita di voti della senatrice Anri Kawai, moglie dell’ex ministro della Giustizia del LDP, Katsuyuki Kawai. Il candidato governativo, un ex funzionario del ministero del Commercio, ha lasciato strada all’ex presentatore Haruko Miyaguchi, appoggiato dal principale partito di opposizione, il Partito Costituzionale Democratico di centro-sinistra, e da altre formazioni minori.

Gli altri due seggi in palio erano rispettivamente a Nagano e a Hokkaido, il primo sempre per la camera alta (“Camera dei Consiglieri”) e il secondo per la camera bassa (“Camera dei Rappresentanti”). In entrambi a prevalere sono stati i candidati del Partito Costituzionale Democratico. Mentre a Nagano il seggio vacante era appartenuto a un “consigliere” morto per COVID lo scorso dicembre, a Hokkaido si doveva scegliere il successore di un altro parlamentare del LDP finito nei guai con la legge, l’ex ministro dell’Agricoltura Takamori Yoshikawa, dimessosi dopo essere stato accusato di avere ricevuto tangenti da un imprenditore agricolo. A Hokkaido, il LDP non aveva nemmeno presentato un proprio candidato per l’elezione speciale.

Per il premier Suga forse l’unica notizia positiva arrivata dal voto nel fine settimana è che la sconfitta di Hiroshima rappresenta uno schiaffo anche per uno dei suoi più agguerriti rivali interni al partito, l’ex ministro degli Esteri Fumio Kishida. Uno dei più influenti leader del LDP, Kishida è il numero uno dei liberaldemocratici a Hiroshima e la batosta incassata domenica nel suo feudo potrebbe quanto meno rallentare la sua corsa alla successione all’attuale primo ministro.

I problemi del LDP e la tripla affermazione dei democratici indicano evidentemente una tendenza sfavorevole al partito che ha quasi monopolizzato la politica giapponese dal dopoguerra a oggi. Sono in pochi tuttavia a credere in una sconfitta dei conservatori nelle elezioni generali, che dovrebbero tenersi non oltre il 21 ottobre prossimo. L’opposizione di centro-sinistra in Giappone continua a essere divisa e screditata, non essendosi più ripresa dalla catastrofica esperienza al governo tra il 2009 e il 2012.

Lo stato di salute dei liberaldemocratici sarà messo alla prova nuovamente il prossimo 4 luglio dall’importante voto per il rinnovo dell’assemblea metropolitana della capitale. In ogni caso, come già spiegato, in dubbio non c’è la continuità al governo del LDP, quanto la leadership di Yoshihide Suga e le possibile scosse che una guerra interna al partito potrebbe produrre per la terza economia del pianeta. Soprattutto in un contesto fatto di gravi tensioni sul fronte domestico, per via degli effetti della pandemia, e con l’intensificarsi del conflitto tra Stati Uniti e Cina, che si svolge in larga misura in Estremo Oriente.

Un articolo del sito web della Nikkei Asian Review ha spiegato lunedì come la sconfitta del LDP nelle tre elezioni suppletive del fine settimana non prometta nulla di buono per l’amministrazione Biden, “fattasi in quattro per sostenere politicamente il premier giapponese sul fronte interno”. Suga era stato un paio di settimane fa il primo leader straniero a essere ricevuto alla Casa Bianca da Joe Biden, in un segnale del carattere cruciale dell’alleanza con Tokyo per gli Stati Uniti. Un portavoce del presidente aveva in quell’occasione insistito sull’importanza del fattore “continuità” nelle relazioni bilaterali, in modo da garantire, dopo quasi un decennio di governi guidati da Shinzo Abe, un ambiente politico stabile e senza conflitti.

È evidente che una classe politica intenta a competere per la leadership del partito di governo non può che compromettere quell’allineamento ai propri interessi strategici che Washington chiede agli alleati per contrastare l’avanzata della Cina. Mentre gli Stati Uniti stanno intensificando le pressioni su Pechino, insomma, l’ultima cosa che l’amministrazione Biden auspica per il Giappone è una competizione interna al LDP che si protragga virtualmente fino al prossimo autunno.

A parte il caso di Shinzo Abe e pochi altri, la storia del Giappone è ricca di esempi di capi di governo durati pochi mesi. Suga è ai minimi in termini di gradimento da quando ha assunto la carica di primo ministro e sta pagando in particolare la nuova impennata di contagi nel paese, nonché e forse ancora di più il faticosissimo lancio della campagna vaccinale. Proprio nei giorni scorsi, il governo ha dovuto imporre nuove misure restrittive in alcune prefetture che, complessivamente, ospitano circa un quarto della popolazione giapponese. Per quanto riguarda i vaccini, invece, il Giappone ha finora somministrato dosi ad appena l’1% della popolazione.

La decisione di adottare lo stato di emergenza in alcune parti del paese a causa del Coronavirus rappresenta un motivo di imbarazzo per Suga, il quale aveva promesso ai giapponesi che non avrebbero più dovuto sopportare altre restrizioni. Ancora peggio per le sue prospettive politiche, il premier è oggetto di critiche da parte del mondo del business, nuovamente penalizzato dalle chiusure entrate in vigore nel fine settimana. Anche l’organizzazione delle Olimpiadi, rinviate lo scorso anno sempre a causa della pandemia, rischia di trasformarsi in un flop, visto che le speranze di ricavare dai giochi un impulso all’economia sembrano ormai svanite. Infatti, le competizioni si terranno senza pubblico proveniente dall’estero, togliendo così una fonte cruciale di entrate al settore turistico e non solo.

La palla resta ad ogni modo in mano a Suga che avrà facoltà di sciogliere anticipatamente il parlamento se lo riterrà necessario per rinsaldare la sua posizione. Nelle sue intenzioni vi era probabilmente un voto in tempi brevi, ma le tre sconfitte del fine settimana suggeriranno quasi di certo un rinvio nel tentativo di stabilizzare la situazione interna e veder risalire i propri consensi nel paese.

A complicare le cose c’è anche la scadenza a settembre del mandato di Suga alla guida del LDP. La pessima figura rimediata domenica potrebbe fare aumentare i malumori di molti nel partito, preoccupati alla prospettiva di andare a elezioni con un leader che potrebbe portare a una riduzione della maggioranza parlamentare dei liberaldemocratici. Le azioni dei rivali di Suga sembrano perciò in rapida ascesa, soprattutto di quelli che vantano un’immagine più dinamica e un maggiore appeal tra gli elettori, come i due recenti ex ministri degli Esteri, il già ricordato Kishida e Taro Kono, o Shinjiro Koizumi, ministro dell’Ambiente in carica e figlio dello storico leader liberaldemocratico ed ex primo ministro Junichiro Koizumi.


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