Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a minacciando l’invio della Guardia Nazionale nelle università per soffocare le dimostrazioni contro la barbarie sionista.

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020 drammaticamente contrassegnato dalla pandemia. Molto più bassa invece, rispetto all’auge dell’80% raggiunto nel 1980, anno delle prime consultazioni dopo la transizione democratica.

Nel sistema spagnolo, le elezioni regionali rappresentano un test estremamente significativo, al di là della influenza che potrebbero avere nella politica nazionale. È questa una lettura “classica” che, più o meno, si applica in qualsiasi altro paese con un ordinamento similare. Nel caso di Euskadi, e lo sarà forse ancora di più il prossimo 12 maggio in Catalogna, i competitors sono arrivati al voto concentrandosi quasi esclusivamente su tematiche e problemi inerenti al proprio territorio di riferimento.

L’approvazione di una nuova all’apparenza consistente tranche di aiuti americani da destinare all’Ucraina è stata per mesi invocata come la soluzione alla crisi irreversibile delle forze armate e del regime di Kiev di fronte all’avanzata russa. Il via libera della Camera dei Rappresentanti di Washington nel fine settimana ha perciò scatenato un’ondata di entusiasmo negli Stati Uniti e in Europa. I quasi 61 miliardi appena stanziati non faranno però nulla per cambiare il corso della guerra e, se anche dovessero riuscire a rimandare la resa ucraina, aggraveranno con ogni probabilità i livelli di distruzione e morte nel paese dell’ex Unione Sovietica.

La propaganda di governi e media ufficiali, scattata subito dopo il voto in aula di sabato scorso, sta procedendo su due livelli. Il primo è la promozione della fantasia che il denaro e i nuovi aiuti militari che (forse) arriveranno a Kiev potranno contribuire a invertire le sorti del conflitto e, nella più ottimistica delle ipotesi, a gettare le basi per una futura vittoria contro Mosca. In parallelo sono spuntati commenti e “analisi” dove si avverte come i mesi persi in trattative e polemiche politiche – negli USA ma anche in Europa – abbiano causato all’Ucraina danni difficilmente rimediabili. Quindi, solo un’ulteriore accelerazione nel ritmo degli aiuti e delle armi da inviare al regime di Zelensky potrà realmente incidere sugli equilibri bellici. Quest’ultima considerazione è un evidente messaggio ai leader europei per spronarli, sull’onda degli eventi registrati a Washington, ad aprire ancora di più i cordoni della borsa e a svenarsi per tenere in vita il paziente ucraino.

A seguito della calamità naturale che colpì le regioni di Turchia e Siria, verificatasi nella notte fra il 5 e il 6 febbraio 2023, gli Stati Uniti decisero di esentare per sei mesi dalle sanzioni tutte le transazioni finanziarie relative alla fornitura di soccorsi alla Siria. “Voglio chiarire che le sanzioni statunitensi in Siria non ostacoleranno gli sforzi per salvare la vita del popolo siriano”, dichiarò il vice segretario al Tesoro, Wally Adeyemo, dopo che l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Tesoro degli Stati Uniti rilasciò l’esenzione.

Questo annuncio però non oscurò la sconvolgente notizia del reclutamento e addestramento di terroristi islamici in Siria da parte delle forze di occupazione statunitense per inviarli a combattere l’esercito russo in Ucraina e per compiere attentati terroristici in Russia e in altri ex Stati sovietici. A denunciarlo era stata la piattaforma giornalistica americana The Cradle specializzata in geopolitica del Medioriente e dell’Asia Occidentale, confermando le accuse rivolte contro gli Stati Uniti dal Foreign Intelligence Service (SVR) russo: “Secondo dati credibili ricevuti dal servizio di intelligence estero della Russia, l’esercito americano sta attivamente reclutando militanti di gruppi jihadisti affiliati a DAESH [ISIS] e Al-Qaeda per compiere attacchi terroristici in Russia e nei paesi della CSI e per combattere in Ucraina. Arruolamento e addestramento avvengono presso la base militare Americana di Al-Tanf” - informava The Cradle.

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava.


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